NON SI DIMENTICA
Tutti coloro che hanno potuto conoscere Giovanni XXIII in quel rapido
quinquennio che lo vide al timone della barca di Pietro coloro che hanno
ascoltato la sua voce, che hanno visto il suo sorriso o il suo volto raccolto
che hanno seguito l'incredibile avventura di un uomo vecchio e alla fine malato
impegnato in uno sforzo senza precedenti di rinnovamento e rivitalizzazione
della Chiesa che hanno scoperto il suo cuore immenso la sua bontà e
disponibilità al dialogo con ogni essere umano la sua arditezza nel
superare ostacoli fino allora ritenuti insormontabili, tutti costoro hanno fatto
posto a Giovanni XXIII nel loro cuore e non ne abbandonano la memoria anche se
la Chiesa nel suo cammino guidato dall'alto ha visto sorgere tre altri Pontefici
non meno provvidi e adatti ai tempi particolarmente difficili in cui
viviamo.
Il fatto è che Angelo Giuseppe Roncalli si è
presentato al mondo con l'animo di un antico patriarca pieno di esperienza della
vita e degli esseri umani dominato da un desiderio di fare del bene a tutti
così prorompente nella sua semplicità da colpire anche coloro che
per antico pregiudizio o differente educazione erano convinti di non poter
trovare in un sacerdote l'essere umano del quale sentirsi fratelli quasi di
sangue.
Egli compì questo miracolo, aprendo la strada ai suoi
successori. Perché vent'anni fa le disposizioni delle masse verso il
papato di Roma non erano quelle di oggi. E se Paolo VI e i due Giovanni Paolo
hanno potuto operare così profondamente dentro la società anche
profana sia sul piano della popolarità sia su quello diplomatico e
spirituale, ciò è senza dubbio dovuto alle loro doti, ai loro
meriti personali ma è anche dovuto al servizio che Giovanni XXIII ha reso
al papato con la sua immensa umanità nel momento storico preciso nel
quale questa testimonianza si presentava come la risposta a un bisogno della
famiglia umana in evoluzione.
Era un uomo amato perché amava. Ed
amava non solo per aver attinto al patrimonio di una dinastia sana e semplice
una quantità eccezionale di doti umane ma perché nello stesso
contesto familiare e paesano aveva ricevuto una fede cristiana limpida e forte
una pietà cristiana fervente e sensibile una carità cristiana
senza difetto un'umiltà cristiana senza confronti.
Egli fu un grande
innovatore. Il suo capolavoro fu l'idea del Concilio ecumenico Vaticano II. Ma
poté innovare perché era solidamente ancorato alla sostanza della
fede cristiana e della disciplina ecclesiastica Basta scorrere le pagine del suo
"Giornale dell'anima" il diario di tanti anni che Loris Capovilla
pubblicò con ispirata tempestività per scorgere nella sua anima la
perseveranza senza debolezze o pentimenti senza dubbi o crisi anche se con le
difficoltà legate ad ogni impegno di difficile coerenza, in quei
sentimenti cattolici e tridentini che avevano contrassegnato la sua infanzia e
la sua formazione sacerdotale.
Un Papa che ha per motto «Oboedientia
et pax», obbedire e stare in pace con se stesso, non è certamente un
rivoluzionario nel senso comune della parola. È un fedele fedelissimo agli
insegnamenti del Signore e della Chiesa. Ma proprio questa sua fondatezza nella
solidità del cattolicesimo gli ha permesso l'ardimento del Concilio e il
tentativo di portare la Chiesa a un più comprensibile linguaggio verso il
mondo moderno per servirlo o salvarlo secondo la volontà del
Signore.
Giovanni XXIII è stato il Pontefice della «Mater et
magistra» e della «Pacem in terris», il Papa della giustizia
sociale e della pace tra i popoli l'ansioso padre di una famiglia bellicosa e
litigiosa che si protende verso i suoi figli per riavvicinarli gli uni agli
altri, insegnando loro la tolleranza reciproca il rispetto e poi la ricerca
comune delle quattro virtù su cui tanto insistette: verità,
libertà, giustizia e carità.
Il discorso su Giovanni XXIII
non solo non è esaurito ma va ancora fatto interamente: perché la
Chiesa perché il mondo conoscano meglio quanto bene gli è derivato
da quest'«uomo mandato da Dio il cui nome era Giovanni».
Per
questo l'iniziativa di mettere in circolazione ora un'opera di notevole impegno
su Papa Giovanni, come quella che l'editore Di Marco mi invita a presentare
è un atto di fede nell'intelligenza e nella riconoscenza del pubblico dei
lettori la cui attenzione sarà nuovamente attratta dalla figura del Papa
buono per meglio conoscerla e ricordarla.
L'onore che i successori di Paolo
VI hanno reso a Giovanni XXIII assumendone il nome abbinato a quello di Paolo
è segno di sommo riconoscimento dell'importanza del pontificato di lui. A
quei giorni di fede e di entusiasmo, di attesa e di speranza vogliono ricondurci
le preziose pagine di questo libro al quale viene spontaneo di augurare il
migliore successo.
Mons. Virgilio Levi
OBOEDIENTIA ET PAX
Mi presento umilmente io stesso. Come ogni altro
uomo che vive quaggiù, provengo da una famiglia e da un punto ben
determinato. La grazia di una buona salute fisica, un po' di buon senso da farmi
vedere presto e chiaro nelle cose, e una disposizione all'amore che mi tiene
fedele alla legge del Vangelo e rispettoso del diritto mio e altrui, mi
impediscono di fare del male a chiunque e mi incoraggiano a fare del bene a
tutti.
Vengo dall'umiltà e fui educato a una povertà
contenta e benedetta, che ha poche esigenze, e che protegge il fiorire delle
virtù più nobili e alte e prepara alle elevate ascensioni della
vita.
(Discorso di saluto ai veneziani in occasione dell'ingresso
come Patriarca a Venezia il 15 marzo 1953)
Non condanne, non
scomuniche, per nessuno. Alla Chiesa basta la forza della sua dottrina. Non
cercheremo di vedere chi aveva ragione e chi aveva torto. Le
responsabilità sono divise. Noi diremo solamente: finiamola coi
dissensi.
(Discorso di inaugurazione del Concilio. 11 ottobre
1962)
Continuiamo a volerci bene. E tornando a casa date una carezza
ai vostri bambini e dite loro: questa è la carezza del
papa.
(Dal discorso serale dell'11 ottobre 1962)
Un'immagine di Papa Giovanni XXIII